Esilio a Baghdad

Dopo quattro mesi di intense sofferenze, Bahá’u’lláh, ammalato ed esausto, fu liberato ed esiliato per sempre dall’Iran dove era nato. Egli e la Sua famiglia furono mandati a Baghdad. In questa città, i seguaci del Báb che erano sopravvissuti si rivolsero sempre più spesso a Lui per chiederGli una guida morale e spirituale. La nobiltà del Suo carattere, la saggezza del Suo consiglio, la gentilezza che usava con tutti e i segni di sovrumana grandezza sempre evidenti in Lui rinvigorirono quella comunità oppressa.

L’emersione di Bahá’u’lláh come leader della comunità dei seguaci del Báb suscitò la gelosia di Mirza Yahya, il Suo ambizioso fratellastro minore. Costui cercò spudoratamente più volte di calunniare il carattere di Bahá’u’lláh e di spargere semi di sospetto e di dubbio fra i Suoi compagni. Per evitare di essere causa di tensioni, Bahá’u’lláh Si ritirò fra i monti del Kurdistan, dove rimase per due anni, riflettendo sul Suo scopo divino. Questo periodo della Sua vita ricorda il ritiro di Mosè sul Monte Sinai, i giorni trascorsi da Cristo nel deserto e l’isolamento di Muhammad sulle alture dell’Arabia.

Una mappa che mostra le tappe del lungo esilio di Bahá'u'lláh attraverso l'Impero persiano e ottomano

Ma anche in questa remota regione, la fama di Bahá’u’lláh si diffuse. La gente disse che vi si trovava un uomo di straordinaria saggezza ed eloquenza. Quando queste voci giunsero a Baghdad, i bábí, intuendo che si trattava di Bahá’u’lláh, inviarono una missione per supplicarLo di ritornare. TrasferitoSi nuovamente a Baghdad, Bahá’u’lláh rinvigorì i seguaci del Báb; la reputazione della comunità si consolidò e la Sua fama Si diffuse ancor più lontano. In questo periodo Egli compose tre delle sue opere più famose – le Parole celate, le Sette Valli e il Libro della certezza (Kitáb-i-Íqán). Gli scritti di Bahá’u’lláh alludevano al Suo stadio, ma non era ancora arrivato il momento di annunciarlo pubblicamente.

La crescita della fama di Bahá’u’lláh rinfocolò l’invidia e l’astio di una parte del clero. Essi fecero pervenire le loro rimostranze allo Scià di Persia sollecitandolo a chiedere al Sultano ottomano di allontanare ulteriormente Bahá’u’lláh dal confine iraniano. Fu così decretato un secondo esilio.

Alla fine dell’aprile 1863, poco prima di lasciare Baghdad diretto a Istanbul (allora nota come Costantinopoli), Bahá’u’lláh e i Suoi compagni si trattennero per dodici giorni in un giardino che Egli chiamò Ridván, che significa “Paradiso”. In quel luogo, situato sulle rive del fiume Tigri, Bahá’u’lláh dichiarò di essere Colui Che il Báb aveva annunciato, il Messaggero inviato da Dio alla maturità collettiva del genere umano, predetto in tutte le scritture del mondo.